(CAVALIERI MARVEL)

 

N° 98

 

 

NEGLI OCCHI DEL PREDATORE

 

Di Carlo Monni

 

 

1.

 

 

            L’uomo è anziano, più vicino ai settant’anni di quanto lo sia ai sessanta, i capelli sono bianchi ed è leggermente sovrappeso ma sostanzialmente ancora in buona forma. È seduto ad un tavolo del Top of the Mark, il famoso bar panoramico situato al 19° piano del Mark Hopkins Hotel nel quartiere di Nob Hill a San Francisco. A vederlo nel suo impeccabile completo scuro con camicia bianca e cravatta coi colori di Cal Berkeley,[1] si potrebbe pensare che sia un uomo d’affari in pensione. Non lo è: il suo nome è Robert O’Hara ed è, o meglio era, un poliziotto che ha salito tutti i gradini sino a diventare Capo del Dipartimento di Polizia della Città sulla Baia. Dopo la meritata pensione è stato nominato membro della Commissione di Polizia, l’organo indipendente che supervisiona l’operato del Dipartimento che una volta comandava e ne è stato eletto presidente.

            Non è mai stato il tipo che ama il lavoro sedentario e così si offerto volontario per un compito molto pericoloso: fare da esca per una serial killer superumana che si trasforma in un giaguaro nero durante l’atto sessuale e poi uccide e divora il partner. Ci sarebbero stati mille motivi per dire di no a Robert O’Hara ma quasi nessuno è mai riuscito a spuntarla con lui e così eccolo seduto ad un tavolo di quell’elegante e costosissimo bar mentre gli si avvicina una ragazza non molto alta dalla pelle olivastra e i lunghi capelli neri che le ricadono lungo la schiena ed il cui fisico slanciato è fasciato da un abito nero che le lascia le spalle nude ed ha una profonda scollatura ed ampi spacchi laterali da cui escono gambe ben tornite.

            La ragazza si ferma proprio davanti a lui e sorride dicendo:

-Grazie per il drink.- bella voce, melodiosa con un piacevole accento latinoamericano che O’Hara non riesce ad identificare.

-È stato un piacere. Siediti pure.- replica.

            Lei si accomoda accavallando le gambe e sorride dicendo:

-Io sono Nita e tu come ti chiami?-

-Bob. Sei sudamericana, Nita?-

-Vengo da un posto chiamato Tierra Verde, lo conosci?-

            O’Hara non risponde. Le sta guardando gli occhi. Le iridi non sono bianche come nei normali esseri umani ma dorate come quelle di un giaguaro. La sua certezza che si tratti proprio della donna che stava aspettando ne esce rafforzata.

            Ora deve solo incastrarla sperando di restare vivo mentre ci prova.

 

            In una località dello Stato mediorientale del Raphastan la Killer internazionale nota solo come Elektra è penetrata nel rifugio dello spietato dittatore di quella nazione e lo ha trovato assorto in preghiera. Stava per infliggergli un colpo mortale con la sua katana quando la sua lama è stata bloccata da quella ricurva di una scimitarra.

            Elektra si volta di scatto dandosi della stupida per essersi fatta sorprendere come una dilettante. Davanti a lei c’è un uomo alto e massiccio dai lunghi capelli neri ed il volto affilato la cui metà superiore è coperta da una maschera nera e quella inferiore è ornata da baffi e pizzetto. Indossa un costume nero e rosso che gli lascia scoperte le braccia e con entrambe le mani impugna con disinvoltura una pesante scimitarra.

-Io sono Scimitar.- proclama -E tu sei una donna morta.-

            Scimitar, un nome appropriato. Ha sentito parlare di lui: il suo ruolo si tramanda da secoli come difensore del trono di Halwan, ma l’attuale detentore ha tradito la sua sovrana diventando un mercenario e scontrandosi spesso con Iron Fist.[2] Un avversario da non sottovalutare ma non imbattibile.

            Mentre para un fendente che le avrebbe aperto in due il petto, Elektra replica:

-In molti hanno provato ad uccidermi e tutti hanno fallito.-

            Non è del tutto esatto: Bullseye l’aveva sconfitta ed uccisa[3] anche se poi gli incantesimi della Mano l’avevano riportata in vita,[4] ma Elektra preferisce non pensarci troppo.

            Mentre passa al contrattacco, vede l’uomo che è venuta ad uccidere che sta scappando. Elektra non perde tempo: balza di lato e contemporaneamente lancia uno dei suoi pugnali verso l’uomo in fuga.

 

            La ragazza davanti a lei potrebbe avere la sua età o poco più, pensa Nina McCabe alias Cigno Nero, killer internazionale con addestramento della Mano esattamente come la sua mentore Elektra.

Il posto è il castello medievale dove risiede abitualmente il Duca di Lichtenbad, una minuscola nazione confinante con l’Austria e la Germania. La donna in questione indossa un costume violetto con una specie di elmo che le copre la parte superiore del viso. Nel trovarsela davanti Cigno Nero le ha chiesto istintivamente in Inglese:

-Chi sei?-

            La risposta è arrivata non in Tedesco come ci si poteva aspettare ma in un misto di Francese ed Inglese:

-Je me appelle l’Epéiste. La Spadaccina.-

            La Spadaccina? Ecco cosa le ricorda quel costume. Non c’era un supercriminale che si faceva chiamare lo Spadaccino? O era uno dei Vendicatori? In ogni caso, dovrebbe essere morto. È roba di quando lei era bambina nello Iowa ed i tizi in costume erano roba lontana e semileggendaria.

-So perché sei qui.- continua la sua avversaria puntandole contro la sua spada -Il Duca è sotto la mia protezione e tu non lo ucciderai. Arrenditi pacificamente e non ti farò del male.-

-Cosa ti fa credere di potermene fare?- ribatte, piccata, Nina.

            La Spadaccina sorride e dalla sua lama esce un raggio di energia che avvolge Cigno Nero facendola urlare.

 

 

2.

 

 

            Se il personale dell’Howard Stark Memorial Hospital non fosse abituato alle cose più strane da quando è diventato l’ospedale dei Vendicatori, probabilmente troverebbe sorprendente che a sole 24 ore da una complicata operazione in seguito ad una ferita da proiettile alla schiena che avrebbe potuto ucciderlo, il paziente sia completamente guarito, ma dopotutto siamo a New York e qui le cose impossibili accadono con una certa frequenza.

            Il giovanotto per metà giapponese e per metà canadese che si fa chiamare Akihiro firma senza alcuna esitazione le carte che gli permetteranno di essere dimesso sotto la sua responsabilità.

-Vorrei rivederla la settimana prossima.- gli dice Il Dottor Keith Kincaid.

-Per studiare la mia fisiologia mutante?- ribatte Akihiro con un sorrisetto insolente.

-Non è il mio campo. Voglio solo assicurarmi che stia bene.-

-Ma io sto benissimo… anche se ci sono altri che potrebbero stare molto male tra non molto. Potrei mandarle qualche paziente, Dottore, e procurare dei clienti anche all’obitorio.-

-Vuole vendetta su chi le ha sparato, lo capisco, ma la vendetta non ha mai portato bene a nessuno: solo morte, lutti e tragedie.-

-Ha appena descritto quello che faccio per vivere.-

            Kincaid non replica ed esce dalla stanza. Mentre Akihiro comincia a vestirsi, il suo compagno del momento, Kyle Jinadu, un giovane di colore dai capelli riccioluti, gli chiede:

-Vuoi davvero vendicarti? Domanda retorica, giusto?-

            Akihiro non risponde: sorride e poi sfodera dai polsi due artigli.

-Questo è il modo in cui regolo i conti con chi vuole ammazzarmi.-

            Rinfodera gli artigli e Kyle scuote la testa.

-Ti ho impressionato?- chiede Akihiro.

-Lavoro nelle pubbliche relazioni di un’emittente televisiva, ci vuol altro per impressionarmi, anche se ammetto che vederti steso ai miei piedi immerso nel tuo sangue ci è riuscito.-[5] ribatte Kyle.

-Bella guardia del corpo che sono stato: hanno sparato a me.-

-Usando un proiettile speciale per disattivare il tuo fattore di guarigione: era proprio te che volevano morto e forse ci riproveranno.-

-Non aspetto altro.-

            Akihiro termina di vestirsi e si avvia alla reception dopo aver rifiutato la carrozzina da regolamento. Un infermiere prova a convincerlo ma desiste dopo che lui gli sventola gli artigli sotto il naso.

-Dovresti andarci più cauto con queste cose se intendi mantenere un’identità segreta.- o rimprovera, bonariamente, Kyle.

-Come se in quest’ospedale non sapessero ormai già tutti che sono un superumano… e poi: chi ha detto che voglio mantenere un’identità segreta? Forse non m’importa.-

            Arrivati alla reception, una donna dai capelli scuri tagliati a caschetto si rivolge ad Akihiro:

-Ci sarebbe il problema del conto, nessuno è stato capace di darci i dati della sua assicurazione o…-

-Mi dia il conto.- taglia corto lui -E speriamo che non sia troppo esoso: gli ospedali americani hanno fama di essere molto cari.-

-Lei non è americano?-

-Canadese e Giapponese.-

-Ho sempre desiderato andare in Giappone ma non me lo sono mai potuta permettere.-

            Akihiro sfodera uno dei suoi sorrisi migliori e replica:

-Potrei portarcela io, Miss…-

-Fairmont, Hannah Fairmont.-

-Hannah… che bel nome. Perché non mi lascia il suo numero? Potremmo riparlarne con calma.-

            Sotto gli occhi un po’ stupiti ed un po’ divertiti di Kyle Jinadu, la giovane donna scrive il suo numero telefonico su un foglietto che passa ad Akihiro il quale poi paga il conto con la carta di credito oro.

            Appena fuori, diretti al vicino parcheggio, Kyle gli dice:

-Sei davvero senza vergogna, lo sai?-

-Credevo che lo sapessi ormai.- ribatte lui -E ora muoviamoci: appena arrivati a casa mia, ti dimostrerò quanto sono tornato in forma.-

            Kyle ride e si mette al posto di guida della sua auto a noleggio mentre Akihiro si sistema accanto a lui. Entrambi sono ignari che da lontano qualcuno li sta osservando attraverso il mirino telescopico di un fucile di precisione.

 

            Nelle acque al largo delle coste della Repubblica Cooperativa della Guyana, lo yacht di Tarantula Nera si piega su un fianco dopo che la bomba piazzata sulla chiglia è esplosa. Il gangster sudamericano perde la presa su Rick Mason che è sbalzato oltre il parapetto. Le acque dell’Oceano Atlantico si chiudono su di lui avvolgendolo in una morsa che lo trascina inesorabilmente verso il basso.

            Con uno sforzo che è al tempo stesso fisico e di volontà l’uomo conosciuto come l’Agente si spinge verso l’alto. Con un altro sforzo si applica sul volto un congegno inventato da suo padre, l’inventore criminale noto come il Riparatore, grazie al quale può respirare sott’acqua, che gli è decisamente utile adesso: non può ancora permettersi di risalire in superficie. Nuota a lungo prima di tornare a galla.

            Può vedere quel che rimane dello yacht illuminato dall’incendio scoppiato a bordo. È solo questione di tempo prima che le fiamme raggiungano la sala motori ed allora una seconda esplosione illuminerà ancora la notte, ma la cosa non lo riguarda adesso, deve mettersi in salvo. Non può farsi troppe illusioni: Tarantula Nera sopravvivrà in qualche modo, quelli come lui lo fanno sempre, e non appena possibile si metterà sulle tracce di chi ha osato sfidarlo. Altrimenti perderebbe la faccia.

            Rick continua a nuotare mentre alle sue spalle c’è finalmente la nuova esplosione.

 

            In un luogo segreto l’uomo che ora si fa chiamare Stal[6] si aggira per i corridoi di una base super attrezzata esplorandola per quanto può.

            Ha avuto molte vite e molti nomi prima di assumere quello attuale. Un tempo era Andrei Mikhailovitch Rostov, maggiore delle Forze Aerospaziali della Federazione Russa, ma era anche il Guardiano d’Acciaio, il supereroe simbolo della Nuova Russia e leader della Guardia d’Inverno, poi tutto è cambiato: ha dovuto scegliere tra la cieca obbedienza e gli ideali ed ha scelto questi ultimi. Risultato: è finito in una prigione ufficialmente inesistente soprannominata Gulag 17.[7] Ha guidato una rivolta dei prigionieri ed ha avuto successo. Rimaneva il problema di come andarsene, poi sono arrivati gli emissari del nuovo Teschio Rosso per chiedere ai presenti di unirsi a loro, l’alternativa era la morte. Le adesioni furono ovviamente entusiastiche, compresa la sua.[8]

            Ferma davanti ad una finestra sta una donna che conosce molto bene, alta, capelli corti e biondissimi, fisico statuario. Il suo vero nome è Marya Meshkova, ma è meglio nota col nome in codice di Zvedza Dennista, Stella del Mattino, una superumana ed al momento una reietta come lui.

-Nostalgia di casa?-le chiede.

            Lei si volta di scatto e riconoscendolo si rilassa.

-La nostalgia è inutile.- risponde -So benissimo che non rivedrò mai la Russia.-

-Non è detto: se i piani del nostro attuale datore di lavoro dovessero riuscire, sul Cremlino tornerebbe a sventolare la bandiera rossa con la falce e il martello. Non è quello che volevi anche tu?-

-Tutto quello che volevo era il bene della mia patria ed ora non ho più una patria, questa è la sola cosa sicura, il resto sono solo sogni e non sono mai stati i tuoi, quindi che ci fai qui?-

-È, molto meglio che essere morto, ti pare?-

-Ma lo saresti comunque se scoprissero chi sei veramente.

-Finora lo sapete solo tu e la Compagna Kudrina. Se ancora non mi ha tradito, non lo farà più.

-Mi chiedo perché.-

-È un’opportunista e va dove tira il vento, ma lasciamo perdere questi discorsi adesso.-

            Stal attira a sé Marya e la bacia. Dopo una lieve esitazione lei risponde al bacio stringendosi a lui ignara che qualcuno li sta osservando.

 

 

3.

 

 

            Salgono nella camera precedentemente prenotata da O’Hara. Il vecchio ex Capo della Polizia di San Francisco non dà segno di essere nervoso o preoccupato di trovarsi da solo con quella che potrebbe essere la donna pantera che tutte le forze di polizia cittadine stanno cercando.

            Dopo essere entrati, la ragazza che ha detto di chiamarsi Nita si rivolge ad O’Hara con voce soave:

-Mi aiuti ad abbassare la lampo, per favore?-

-Uhm, certo.- replica il burbero ex poliziotto.

            Sta ancora armeggiando con la chiusura lampo sul retro del vestito quando la porta della stanza si spalanca di colpo ed entrano una donna dai lunghi capelli rossi che indossa una camicetta celeste, giubbotto di pelle e jeans attillati ed un uomo dai capelli castani che indossa un completo marrone. Entrambi hanno le pistole spianate.

-Ferma!- intima la nuova arrivata alla ragazza centroamericana -Un solo movimento falso e ti sparo. Sei in arresto.-

            La ragazza di nome Nita spalanca gli occhi dalla sorpresa ed alle sue spalle si ode il brontolio di Robert O’Hara.

 

            Si chiama kunai, pugnale a diamante, ed è un’arma da lancio tipica dell’armamentario dei ninja. Perfettamente bilanciato, in modo da essere lanciato con facilità e precisione e da potergli permettere un movimento equilibrato e sempre preciso anche quando viene agganciato ad una corda o catena, il kunai diventa un’efficace arma da sfondamento e da punta in grado di trafiggere anche superfici molto spesse per cui non sorprende che attraversi con facilità la schiena del dittatore dello Stato mediorientale del Raphastan che ha appena il tempo di emettere un gorgoglio prima di cadere a terra come una bambola rotta.

-Maledetta sgualdrina, l’hai ucciso!- esclama il guerriero noto come Scimitar.

            Che era precisamente la sua intenzione, pensa Elektra. La C.I.A. l’ha pagata una cifra cospicua per la morte di quell’uomo e lei è il tipo che onora i suoi contratti.

            Scimitar le mena un fendente che lei evita di misura mentre afferra la sua katana e si rimette in piedi impugnandola con entrambe le mani.

            I due contendenti si fronteggiano studiandosi reciprocamente senza parlare. Scimitar è in gamba, Elektra ne è consapevole così come è anche consapevole che in questo momento è guidato dall’ira mentre lei è perfettamente calma e controllata. I suoi maestri della Mano sarebbero orgogliosi di lei… quelli ancora vivi almeno.

            Scimitar attacca ma lei para il colpo ed è un cozzare di lama contro lama.

-Ti ucciderò!- proclama l’arabo.

            Elektra non replica, la sua mente è proiettata già sulla sua prossima mossa.

 

            In un appartamento di lusso di New York l’uomo apparentemente molto giovane per metà Canadese e per metà Giapponese di nome Akihiro esce dalla doccia con un asciugamano avvolto intorno alla vita. Seduto sul letto Kyle Jinadu si sta infilando i pantaloni

-Vedo che sei già pronto ad andartene.- commenta, sarcastico, Akihiro -È questa la tattica che usi con i tuoi compagni di letto?-

-Mi hanno chiamato agli Imperial Studios.- si giustifica Kyle -C’è una specie di riunione e vogliono che partecipi anch’io. Saranno presenti quasi tutti quelli che si trovavano al party l’altro giorno. Saranno sorpresi di vederti di già in buona salute.-

-Non mi vedranno.- replica Akihiro mentre con noncuranza getta l’asciugamano sul letto -Ho deciso per un approccio diverso stavolta.-

            Ignora, almeno apparentemente, lo sguardo ammirato di Kyle ed apre un armadio da cui estrae un costume arancione e marrone.

- Ecco perché sei voluto venire qui!- esclama Kyle -Volevi recuperare quella: una tenuta da supereroe.-

Akihiro sogghigna divertito mentre ribatte:

-C’è chi non la vedrebbe così. Puoi considerarla la mia tenuta professionale. Quando indosso questo costume mi chiamano Daken.-

-Daken?-

-Significa bastardo in Giapponese e c’è chi dice che sia un soprannome meritato.-

            Daken si sistema una maschera sul volto. Non può essere una coincidenza che il design del costume assomigli a quello di Wolverine, pensa Kyle. Evidentemente il suo nuovo amico è più influenzato dal padre di quanto voglia ammettere.

-Ti seguirò a distanza.- continua Daken -Tu non mi vedrai ma io ci sarò, invisibile come un ninja e pronto ad intervenire se le cose si mettessero male.-

-Allora pensi che ci saranno altri guai?-

-Dove vado io, ci sono sempre guai.-

Daken apre la porta finestra che dà su una terrazza panoramica e quindi spicca un balzo gettandosi senza esitazione nel vuoto. Dopo qualche attimo di stupore, Kyle Jinadu si affaccia alla balconata ma Akihiro è semplicemente scomparso.

-Ma come…?-

            Il giovane canadese scuote la testa e rientra nella stanza. Pochi minuti dopo è alla guida della sua auto e non può accorgersi che una moto si è appena messa sulla sua scia.

 

 

4.

 

 

            La tensione è decisamente palpabile all’interno della nuova sede del Dipartimento di Polizia di San Francisco e, per usare un delicato eufemismo, il Presidente della Commissione di Polizia Robert O’Hara è decisamente arrabbiato.

-Che cosa ti è saltato in mente,ragazza?- urla -L’avevamo quasi in pugno.-

-Mi scusi, Signore…- ribatte Il Tenente Sabrina Morrell -… ma ho pensato che non fosse il caso che lei si ritrovasse a letto con una pantera.-

-E cosa ti fa pensare che saremmo arrivati a questo?-

-Ha dimenticato che tutti gli indizi in nostro possesso indicano che la donna che cerchiamo si trasforma in pantera quando è eccitata sessualmente?-

-E potrebbe essere l’unico modo che ha di trasformarsi.- puntualizza in tono amaro il Tenente Shirley Lennox dell’unità C.S.I.[9] -Nel qual caso siamo fregati perché senza prove che lei sia davvero la serial killer pantera potremmo al massimo incastrarla per prostituzione.-

-Ne dubito.- interviene un giovanotto ben vestito -Non ci sono prove di promesse di denaro in cambio di sesso e nemmeno di quello che noi della Procura Distrettuale chiameremmo: comportamento concludente.-

-In altre parole…- dice, sogghignando, O’Hara -… il nostro amico Vice Procuratore Distrettuale sta dicendo che voi zelanti poliziotti avreste dovuto aspettare che almeno la nostra ragazza si levasse il vestito.-

-Quanto tempo ci vuole per il test del DNA coi reperti trovati sulla scena dei crimini della pantera?- chiede Sabrina.

-Il laboratorio è ingolfato e nella migliore delle ipotesi ci vorranno tre giorni.- risponde Shirley Lennox.

-Non possiamo trattenerla tanto a lungo. Se non si trasforma in pantera, e se Shirley ha ragione, non accadrà mai finché è qui.-

-Non potremmo… uhm… provare a... stimolarla?- interviene l’Ispettore Harry Callaghan Jr.

            Gli occhi delle donne presenti si puntano su di lui con evidente disapprovazione mentre il Vice Procuratore scuote la testa e O’Hara si lascia sfuggire una specie di risatina.

-Per il tuo bene, Harry, spero che stessi scherzando.- lo apostrofa Sabrina con durezza poi aggiunge -Temo proprio che dovremo rilasciarla.-

-Potete scommetterci!-

            A parlare è stata una giovane donna dai lunghi capelli neri, fisico da pin up, carnagione abbronzata che indossa una camicetta bianca di pizzo, una gonna nera sette centimetri sopra il ginocchio e scarpe firmate con tacco 12.

-E lei chi sarebbe?’- replica Harry.

-Michelle Gonzales dello studio legale Sloan & Partners. Sono l’avvocato della señorita Anita Delgado che avete indebitamente arrestato.- si presenta la ragazza allungando un bigliettino da visita.

-Gonzales? C’è un Agente Gonzales al Dipartimento.-[10] commenta Sabrina.

-È mio fratello, ma questo non ha importanza adesso.- taglia corto la ragazza -Quel che conta è questo: un ordine di un giudice distrettuale che impone l’immediato rilascio della mia cliente a meno che la Procura non formuli un’accusa

-Che tempestività.- commenta ancora Harry.

-La rapidità è importante nel mio lavoro.- ribatte Michelle Gonzales -Ora, se vogliamo procedere…-

            Sabrina Morrell scuote la testa sconsolata e dice:

-Harry, accompagna l’Avvocato Gonzales dalla sua cliente e pensa alle formalità della scarcerazione.-

            Venti minuti dopo Anita Delgado, ancora nel suo abito da sera, esce dal palazzo al fianco della sua avvocatessa mentre la bionda agente del F.B.S.A. Donna Kiel si avvicina a Sabrina e le sussurra:

-Immagino che tu abbia provveduto alla sorveglianza.-

-Come direbbe la nostra amica avvocatessa: ci puoi scommettere. Sorveglianza 24 ore su 24 in accordo anche con l’ufficio dello Sceriffo che ci presta un po’ di suoi uomini.- replica Sabrina -La nostra amica Anita Delgado non potrebbe essere più sorvegliata se avesse un satellite direttamente puntato su di lei.

            E speriamo di coglierla in fallo stavolta, pensa la poliziotta.

 

            L’auto prosegue tranquilla il suo viaggio nel convulso traffico di New York e Kyle Jinadu guida rilassato inseguendo chissà quali pensieri, poi sente un rumore sordo sul tettuccio.

-Ma cosa…?- esclama alzando gli  occhi giusto in tempo per vedere il tettuccio tagliato in due da una lama affilata.

            Un attimo dopo si sente un altro rumore e due figure umane piombano sul cofano per poi rotolare sull’asfalto.

            Uno dei due era Daken, Kyle ne è quasi certo, ma l’altro chi era? Ha fatto appena a tempo a vederlo ed ora è troppo occupato a tenere la macchina sulla strada evitando che sbandi e non potrà tornare indietro sino al prossimo svincolo.

Akihiro è duro da uccidere, lo ha già dimostrato, non deve preoccuparsi per lui, si dice, ma non è facile.

 

            Durante quasi tutto il viaggio, Anita Delgado è rimasta silenziosa, poi, proprio mentre Michelle Gonzales arresta la sua auto davanti ad una piccola villetta non lontano dalla baia, le dice:

-Sei stata rapida ed efficiente, ti ringrazio.-

-È per questo che mi paghi, no? Per essere rapida ed efficiente quando ne hai bisogno.- ribatte l’avvocatessa.

-Non fare la cinica con me, comunque…- Anita estrae dalla borsetta un libretto di assegni, ne compila uno è lo porge a Michelle dicendo -La cifra dovrebbe essere giusta.-

-Lo è.-

            La giovane donna ripiega l’assegno e lo infila nella propria borsetta, poi si rivolge all’altra ragazza che sta scendendo dall’auto:

-Ora cerca di fare la brava e di non metterti in altri guai.-

            Anita si gira sfoggiando un bel sorriso e replica:

-Credi che sia il tipo che cerca guai?-

-Sì e di solito sono guai grossi.- ribatte Michelle.

Senza dare all’altra il tempo di replicare, gira l’auto ed imbocca la via del ritorno.

 

 

5.

 

 

             Daken si muove agilmente da un palazzo all’altro senza farsi notare come solo uno che è stato addestrato dalla Mano può fare. Non perde d’occhio l’auto di Kyle Jinadu nemmeno per un secondo e contemporaneamente controlla anche la moto che la sta chiaramente seguendo. Chiunque sia il pilota, potrebbe essere il killer che ha cercato di ucciderlo, il bagagliaio può facilmente contenere un fucile di precisione smontato.

            Nonostante sia all’erta, il figlio di Wolverine è colto totalmente di sorpresa quando la figura completamente avvolta in una tuta aderente che, proprio per questo, rende evidente che si tratta di una donna, salta agilmente sul tettuccio dell’auto di Kyle con in pugno una katana.

            Che ci fa lei qui? Da dove è spuntata? Si chiede, perplesso, Daken mentre scatta a sua volta e piomba addosso alla donna che ha appena scoperchiato l’auto con un solo fendente.

            Rotolano insieme dapprima sul cofano e poi sull’asfalto. Con la coda dell’occhio Akihiro vede Kyle allontanarsi. Meglio così, pensa, una preoccupazione di meno. Si concentra sulla donna che si è appena rimessa in piedi.

-Lady Gorgon!- afferma -E così stavolta Matsu’o ha mandato te a fare il lavoro sporco. Non ci riuscirai: il tuo mentore ha incontrato il suo destino proprio qui a New York[11] ed ora tocca a te.-

-Non contarci.- replica lei con voce roca vibrando al tempo stesso un fendente.

            Daken lo evita compiendo un balzo ed atterrando poco lontano. La foga dello scontro gli ha fatto dimenticare dove si trova, ma a ricordarglielo brutalmente è un‘auto che non riesce ad evitarlo e lo coglie in pieno proiettandolo nella vicina corsia d’emergenza.

            Akihiro prova ad alzarsi sputando sangue. Sente di avere diverse ossa rotte ed una costola gli ha forato un polmone. Nulla che il fattore di guarigione che ha ereditato da suo padre non possa sistemare avendone il tempo ma è proprio questo il punto: la sua avversaria non intende lasciarglielo. La sente torreggiare su di lui pronta a calare la sua spada.

-Vediamo se sei capace di sopravvivere anche senza testa.- dice.

            È destino che non debba scoprirlo: una raffica di proiettili la colpisce al petto e Lady Gorgon cade all’indietro oltre il guardrail e piomba nel sottostante fiume.

            Daken alza gli occhi e vede venire verso di lui una giovane donna attraente dai capelli neri che indossa una tuta da motociclista con la cerniera abbassata a formare una generosa scollatura che rende più che evidente ad un osservatore attento che sotto non indossa nulla. Nella destra stringe una pistola fumante.

-Questo sì che è interessante.- commenta Daken abbozzando un sorriso nonostante il dolore.

-Serve una mano?- chiede la donna

            Accento del Quebec, riconosce Daken, una canadese? Questa sì che è una sorpresa.

-Ce la faccio da solo.- replica lui ed in effetti, sia pure con una certa fatica, si rimette in piedi.

-Mrs McNeil mi aveva avvertito che eri un tipo dalle capacità particolari.-

-Ma a me non aveva detto di aver mandato altri agenti a proteggere Kyle Jinadu, perché è per questo che sei qui, non è vero?-

-Semplice precauzione dopo che tu sei rimasto ferito. A proposito, vedo che è vero che guarisci in fretta.-

-Dote di famiglia, dicono.- ribatte Akihiro con un sorrisetto -Peccato che non funzioni per i costumi strappati.-

-Almeno sei vivo. Potevi non restarlo a lungo, però, se non fossi intervenuta a far fuori la tua aspirante assassina.-

-Dubito che qualche proiettile basti a sistemare definitivamente una come Lady Gorgon ma almeno per ora ce la siamo tolta dai piedi. Passiamo a cose più serie: a quanto pare tu sai di me più cose di quante ne sappia io. Per esempio: qual è il tuo nome?-

-Non l’ho detto? Che sbadata!- replica lei con un sorriso ammiccante -Rimedio subito: Vivienne Michel, C.S.I.S.[12] temporaneamente distaccata al Dipartimento H.-

-Bel nome… non l’ho già sentito da qualche parte?-

-Non saprei. Ascolta, tra un po’ arriverà la Polizia e forse è meglio filarcela e chiacchierare in un posto più tranquillo. La mia moto è laggiù.-

-Tesoro, questa è una delle migliori offerte che ho ricevuto finora.-

 

            Il Principe Khanata scende nell’arena vestito del suo costume da Moschettiere Nero, sostanzialmente una versione del classico costume rituale della Pantera Nera con la maschera che lascia scoperta la metà inferiore del volto, e guarda le sfidanti rimaste in piedi.

            Entrambe donne. Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe successo quando T’Challa sostenne la sua sfida anni fa? I tempi cambiano e bisogna cambiare con essi.

            La sfida per stabilire a chi spetterà il trono di Wakanda è entrata nella fase finale e Khanata sente su di sé, su tutti loro, gli sguardi, ora severi, ora preoccupati, ora impassibili del Primo Ministro N’Gassi, della Regina Madre Ramonda e del Reggente S’Yan, spettatori imparziali del penultimo atto di questo spettacolo.

            È il Reggente, ultimo figlio rimasto vivo di Azzari il Saggio, ad alzarsi in piedi e dire con voce solenne:

-Sfidanti, siete pronti per l’ultima prova?-

-Sono pronto.- dice, un po’ riluttante, Khanata.

-Sì.- quasi sussurra M’Koni, che negli Stati Uniti era nota come Mary Wheeler.

-Sono pronta da quando sono nata.- proclama orgogliosamente Shuri, sorella minore di T’Challa.

-E allora che la sfida cominci!-

            Non si torna più indietro.

 

            Sabrina Morrell e Harry Callaghan entrano nella sede del Dipartimento di Scienze Sociali del College di Lettere e Scienze dell’Università di California, Berkeley e si avvicinano alla reception. È Sabrina a parlare

-Cerchiamo la Divisione di Antropologia.-

            Una volta ottenuta l’informazione, i due poliziotti si avviano nella direzione indicata.

-Per me è una perdita di tempo.- brontola Harry.

-Non posso darti torto - ribatte Sabrina -Ma il Sindaco ha insistito, le è scoppiata la mania dei consulenti, purtroppo.-

-Beh, quella tizia del F.B.S.A. non ci è stata molto utile ma almeno è una bella gnocca.-

-Harry, come al solito hai il tatto di un elefante.-

-Scommetto che lo dicevi anche a mio padre.-

-Lui…-

            Sabrina s’interrompe vedendo venire verso di loro un’attraente giovane donna dal corpo flessuoso, lunghi capelli neri e carnagione olivastra.

-Dimmi che sto sognando.- mormora Harry.

Sabrina dà un’occhiataccia al compagno, poi si volge verso la giovane donna che le tende la mano dicendo:

-Voi dovete essere i detective di San Francisco, giusto? Vi stavo aspettando: sono Maria de Guadalupe Hidalgo Sierra, assistente del Professor Randolph per gli studi sulla mitologia delle civiltà precolombiane.-

-Le deve servire un biglietto da visita molto grosso con quel nome.- commenta Harry.

            La ragazza sorride e replica:

-I miei amici mi chiamano Lupe, può farlo anche lei, detective.-

-Ispettore per la precisione, ma mi chiami pure Harry.-

-Bel nome.-

-Se avete finito di flirtare…- interviene, spazientita, Sabrina -… vorrei arrivare al motivo per cui siamo qui.-

-Ma certo, Tenente, mi scusi. Seguitemi per favore.-

            La giovane donna li guida sino ad un ufficio vuoto e li invita a sedersi mentre lei si sistema su una comoda poltrona accavallando le gambe.

            Sabrina le racconta succintamente gli avvenimenti relativi alla donna pantera ed alla fine Lupe Hidalgo scuote la testa e dice:

-I miti che parlino di uomini o donne che si trasformano in giaguari non mancano di certo in tutto il Centro e Sud America ma nessuno che io conosca descrive una trasformazione come quella di cui mi avete parlato.-

-Allora è stato un viaggio a vuoto.-

-Non è detto: ci sono sempre miti e leggende da scoprire e questa storia sembra… interessante.-

            L’eufemismo dell’anno, pensa Sabrina Morrell con una smorfia.

-Mi piacerebbe poter dare un’occhiata a quello che avete, potrebbe essere utile alla mia tesi di dottorato.- dice ancora la ragazza -Pensate che sia possibile?-

-Beh…- comincia a dire Sabrina.

-Penso si possa fare.- la interrompe Harry -Dopotutto il Sindaco di San Francisco in persona ha richiesto la sua consulenza, non possiamo deluderla, le pare?-

            La giovane accademica sorride e porge a ciascuno dei due detective un bigliettino da visita dopo averci scritto qualcosa.

-Fatemi sapere allora.- dice -Qui c’è anche il mio numero di cellulare, nel caso…-

            Appena fuori dal palazzo Sabrina si rivolge ad Harry i tono di rimprovero.-:

-Non mi aspettavo che ti facessi guidare così dai tuoi ormoni.-

-Mi pare di ricordare che una volta avessi poco da ridire sui miei ormoni.- ribatte il poliziotto.

-Storia vecchia, Harry.-

            Il viaggio di ritorno è del tutto privo di eventi come il resto della giornata. A sera Sabrina Morrell torna a casa ed è qui che l’attende una sorpresa.

            Si è appena chiusa la porta alle spalle che dal soggiorno arriva una voce femminile:

-Bentornata a casa, Tenente Morrell.-

            Sorpresa, Sabrina estrae la sua pistola e si affaccia sulla soglia del soggiorno. Seduta su una delle poltrone sta una giovane donna di colore, la cui pelle ambrata denuncia ascendenze caraibiche, apparentemente di meno di vent’anni, che indossa una tunica verde senza maniche, un diadema con ornamenti a forma di teschio e grossi orecchini circolari.

-Chi sei e come hai fatto ad entrare in casa mia?- le chiede Sabrina.

            La ragazza non si scompone e risponde tranquilla:

-Il mio nome è Collette Drumm e come ho fatto ad entrare qui non è importante. Ciò che conta è che la donna giaguaro colpirà ancora ed io posso aiutarvi a fermarla.-

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

Direi che non c’è molto da spiegare:

1)    Michelle Gonzales è un personaggio creato da Marc Guggenheim & John Romita Jr. su Spider Man Extra #3 datato maggio 2009.

2)    Scimitar è stato creato da Chris Claremont & John Byrne su Iron Fist Vol. 1° #5 datato giugno 1976.

3)    La Spadaccina è stata creata da Nick Spencer & Marco Checchetto su Avengers World #8 datato agosto 2014

4)    Lady Gorgon è stata creata da Rick Remender & Roland Boschi su Punisher War Journal Vol. 2° #20 datato agosto 2008.

5)    Collette Drumm, la nipote di Fratello Voodoo, è stata creata da Christopher Golden & Joe Bennett su Spider Man Unlimited  #20 datato maggio 1998.

6)    Anita Delgado e Maria de Guadalupe Hidalgo Sierra sono mie creazioni originali.

7)    Anche Vivienne Michel è una mia creazione originale ma non lo è il suo nome. Ne saprete di più molto presto, lo prometto. -_^

Nel prossimo episodio: altre novità sulla pantera killer, il fato di Elektra, il ritorno del Leopardo Nero ed altro ancora.

Non mancate.

 

 

Carlo



[1] Ovvero la University of California Berkeley.

[2] Fin da Iron Fist Vol. 1° #5 (prima edizione italiana Shang Chi, Corno #39). L’ultima volta è stata nell’episodio #65 di questa serie.

[3] Nell’epico ed indimenticabile Daredevil Vol. 1° #181 (Prima edizione italiana Fantastici Quattro, Star Comics, #15).

[4] Nell’altrettanto indimenticabile Daredevil Vol. 1° #190 (Prima edizione italiana Fantastici Quattro, Star Comics, #24).

[5] Due episodi fa.

[6] Acciaio in Russo.

[7] Nell’episodio #80.

[8] Come visto nell’episodio #88.

[9] Crime Scene Unit.

-[10] Vin Gonzales, amico di Ben Reilly visto su Ragno Rosso

[11] Parla del sinistro personaggio chiamato Gorgon e sul suo destino ne saprete di più in futuri episodi di Daredevil.

[12] Canadian Secret Intelligence Service, il servizio informazioni dall’estero del Canada.